memoria ethnologica nr. 42 - 43 * ianuarie - iunie 2012 ( An XII ) DELIA RĂCHIŞAN DENCIUŢ1, ROMÂNIA Cuvinte cheie: antropologie, blestem, cântecul de leagăn, descântecul, jocurile de copii, jocurile dragostei, Maramureş, sincretism Forţa magică a cuvântului în comunitatea de români din nord-vestul României. Antropologia vârstelor Rezumat Maramureşul, prin reafirmarea identităţii, prin recuperarea memoriei colective, valorifică fenomenul cultural tradiţional. Lucrarea îşi propune să evidenţieze forţa magică a cuvântului, întâlnită în comunitatea de români din nord-vestul României (Maramureş) în raport cu antropologia vârstelor, cu etapele specifice fiinţei umane (copilărie, pubertate, tinereţe, maturitate, bătrâneţe). Ambivalenţa cuvântului (benefic / malefic) îşi revendică forţa, funcţia magică şi se conjugă cu treptele ontice. Antropologia vârstelor interacţionează cu magia, cu religia, cu alte categorii (jocurile de copii, jocurile dragostei, blestemul, cântecul de leagăn, descântecul). În praxisul verbal, forţa magică a cuvântului este augmentată de sincretismul de lim- baje (verbal, nonverbal, paralimbaj) şi are menirea de a neutraliza malignul, de a (re)stabili echilibrul cosmic şi social. Se va analiza forţa magică a cuvântului, subliniind sistemul dinamic de elemente, corelate sincretic, în care cuvântul (limbajul verbal) se îmbină cu gestica, mimica, mişcarea (limbajul nonverbal), cu accentul, timbrul, intonaţia, tăcerea (paralimbajul), se vor explica situaţiile când se trece dintr-un registru în altul (repertoriul infantil-repertoriul adulţilor), vor fi urmăriţi factorii care declanşează, stimulează, inhibă forţa magică a cuvântului în antropologia vârstelor. 1 Universitatea Tehnică Cluj Napoca, Centrul Universitar Nord, Baia Mare, România 80 memoria ethnologica nr. 42 - 43 * ianuarie - iunie 2012 ( An XII ) Key words: anthropology, chanting, children’s games, curse, love games, lullaby, magic, Maramureş, syncretism The Magic Force of the Word Met within the Romanian Community in North-Western Romania. The Anthropology of Ages1 Summary Maramureş, by reaffirming its identity, by the recovery of collective memory, makes the most of its traditional cultural phenomenon. The the- sis aims at highlighting the magic force of the word met within the Ro- manian community in North-Western Romania (Maramureş) in relation to the anthropology of ages, with the specific stages of human being (childhood, puberty, youth, maturity, old age). The ambivalence of the word (beneficial / evil) claims its force, its magic function and conjugates itself with ontic steps. The anthropology of ages interacts with magic, re- ligion and other categories (children’s games, love games, curse, lullaby, chanting). In verbal praxis, the magical force of the word is increased by the syncretism of languages (verbal, non-verbal, paralanguage) and is meant to neutralize the malignant and (re)establish the cosmic and social balance. 2 Postdoctoral Grant Recipient of Romanian Academy, Iaşi Branch 81 memoria ethnologica nr. 42 - 43 * ianuarie - iunie 2012 ( An XII ) La forza magica della parola nella comunità di romeni del nord-ovest della Romania. Antropologia delle età dell’uomo3 Motto: Il processo rituale, caratterizzato dal primato dell’ordine e della misura, porta gli individui e, per estensione, le comunità ad una stabilità, ad un equilibrio[…] (Pascal Lardellier, Teoria legăturii ritualice. Antropologie şi comunicare / Teoria dei legami rituali. Antropologia e comunicazione, 2009, p. 69) La comunità di romeni dal nord-ovest della Romania (provincia di Maramureş) mette l’accento sul recupero della memoria collettiva trasmessa di generazione in generazione, sulla riaffermazione dell’identità, sulla rivitalizzazione dell’ethos autoctono. I testi magici incontrati in certe categorie (maledizioni, ninnenanne, incantesimi, giochi per bambini, giochi dell’amore) fanno scoprire la magia della parola, l’ambivalenza della parola nata per essere benefica o malefica. L’antropologia delle età rileva l’importanza delle tappe ontiche specifiche per l’essere umano (infanzia, pubertà, gioventù, maturità, vecchiaia) e l’interazione con altre categorie secondo l’età (giochi per bambini, giochi dell’amore, incantesimi, ninnenanne, maledizioni). La manifestazione ludica, appannaggio dell’essere umano, è un elemento indispensabile della cultura, una costante-chiave epistemologica, una forma di comunicazione assertiva, aperta, permissiva. Il gioco accompagna l’uomo durante la vita, indifferentemente dall’età, però così com’è normale, l’importanza del gioco nella vita dei bambini è, ovviamente, molto più grande rispetto all’importanza avuta nella vita degli adulti. La cultura appare come forma giocata, nei termini dello specialista Johan Huizinga, la cultura non inizia come gioco e né per gioco, ma nel gioco4. La cooperazione tra gioco e cultura ha il ruolo di rianimare l’impeto creativo dell’essere umano, di rilevare ciò che Johan Huizinga aveva già notato: l’intera cultura può essere considerata sotto specie ludi5. I giochi per bambini suppongo il rispetto di una serie di regole, impongono limiti, restrizioni, caratteristiche (divertimento, relax, esaltazione, fair-play, libertà, piacere ecc.). La manifestazione ludica non deve essere ridotta al minimo, diventa una modalità di preparare i bambini per la vita, determina funzioni fondamentali (d’iniziazione, formativa, educativa, sociale). Nonostante il gioco supponga l’esistenza di un sistema di regole che definiscono ciò che è permesso e ciò che è proibito6, anche se rappresenta un’attività “che ha la sua meta in sé stessa”7, è certo che il fenomeno gioco genera un’esperienza ontica che rafforza l’idea che nella manifestazione ludica è diverso dalla vita 3 ACKNOWLEDGEMENT: “This paper was made within The Knowledge Based Society Project supported by the Sectoral Operational Programme Human Resources Development (SOP HRD), financed from the European Social Fund and by the Romanian Government under the contract number 2007-2013, POSDRU/89/1.5/S/56815”. 4 Johan Huizinga, Homo ludens, trad. H. R. Radian, Casa editrice Univers, Bucarest, 1977, p. 135. 5 Johan Huizinga, op. cit., p. 38. 6 Roger Caillois, “Teoria jocurilor” [Teoria dei giochi], in Eseuri despre imaginaţie [Saggi sulla fantasia], trad. Viorel Grecu, Casa editrice Univers, Bucarest, 1975, p. 244. 7 Émile Benveniste, “Le jeu comme structure”, in Deucalion, n. 2, 1947, p. 161. 82 memoria ethnologica nr. 42 - 43 * ianuarie - iunie 2012 ( An XII ) abituale8. Nei termini di Bronislaw Malinowski anche la magia ha uno scopo chiaro associato intimamente agli istinti9. Gli attanti del gioco, il vincitore / i perdenti, durante la manifestazione ludica, si sottraggono alla realtà quotidiana ed entrano in un universo ludico per (ri)scoprire la quintessenza umana. Di conseguenza, interpretando le idee ulteriormente espresse, i giochi per bambini indicano ciò che è permesso e ciò che è proibito (secondo Roger Caillois), cioè l’indispensabilità del sistema di regole, il carattere costante, la penalità, l’interruzione del gioco se le regole non sono rispettate. L’attività ludica ha la meta in se stessa (secondo Émile Benveniste), dunque nel mondo reale appare una piegatura che proietta gli attanti in un universo ludico che s’impossessa dei giocatori e genera il gioco puro (ludus), vicino al sacro, al rituale o il gioco divertimento (iocus), un viavai tra divertimento – iniziazione – gratuità – serietà – riposo – punizione – ricompensa. Essendo “diverso dalla vita abituale” (secondo Johan Huizinga), il fenomeno gioco rivela il limite lasso tra sacro e profano. La forza magica della parola s’intravede anche nei giochi per bambini (formule-canzone, “numerazioni”) specifici all’età dell’infanzia. Alcune formule-canzone hanno il ruolo di neutralizzare / interrompere l’aggressività di certi animali (cane, lupo) / rettili (serpente). La formula-canzone del tipo: Quando aprirò il pugno, / Apri allora tu la bocca; / Quando aprirò la mano, / Apri allora tu la bocca!10 rileva l’essenza della magia omeopatica. La relazione aggressore (animali / rettili) – vittima (bambino) può essere attenuata con uno sbocco. L’attante è obbligato dalle circostanze a ricorrere al gioco della somiglianza. Nel saggio Il Ramo d’oro (1980), l’antropologo inglese James Frazer fa riferimento alla magia simpatica, alla magia contagiosa, alla magia omeopatica. Il professor Nicu Gavriluţă conclude: Si può arrivare all’effetto imitando l’atto anteriormente prodotto. Appare in questo gioco sociale dell’imitazione il motivo dell’immagine dell’altro11. Si pone l’accento sul trasferimento magico, sulla forza magica della parola (linguaggio verbale) correlata al gesto (linguaggio attanziale). I bambini di varie regioni del paese, incluso della provincia di Maramureş, ricorrono a questa formula-canzone per annientare il morso del serpente / cane. Il fragile limite tra il repertorio dei bambini e il repertorio degli adulti si nota grazie alla somiglianza tra la formula-canzone e l’incantesimo contro il morso di cane rabbioso / l’incantesimo contro il morso di serpente. Per mezzo di tali incantesimi (incantesimo < lat. canticum, “incanto”, in romeno des + cântec < lat. canticum, “incanto”) si desidera la cessazione dell’aggressività di natura fisica, il blocco del male. La donna che fa scaramanzie (età della maturità e della vecchiaia) fa ricorso alle formule magiche e stabilisce una relazione adiuvante con una forza sovrumana. Il professor Nicolae Constantinescu stabilisce la distinzione tra fenomeno (fare incantesimi) come complesso di pratiche magiche – rituali, con interdizioni, con indicazioni relative al posto, al tempo della messa in pratica e poema (incantesimo) come forma d’arte.12 L’incantesimo contro il morso di cane rabbioso: Il cane rabbioso ha morso Tizio / Ma non ha morso Tizio, / Che ha morso Caio rileva la magia contagiosa, la magia omeopatica. L’incantesimo si concentra sul potere della parola ed è raddoppiato da alcune funzioni (apotropaica, curativa, di comunicazione, di mediazione resa consapevole). Con la negazione “non ha morso” si fa ricorso 8 Johan Huizinga, op. cit., p. 70. 9 Bronislaw Malinowski, Magie, ştiinţă şi religie [Magia, scienza e religione], Casa editrice Moldova, Iaşi, 1993, p. 138. 10 Emilia Comişel, Folclorul copiilor [Il folklore dei bambini], Casa editrice musicale, Bucarest, 1982, p. 138. 11 Nicu Gavriluţă, Mentalităţi şi ritualuri magico-religioase [Mentalità e rituali magici-religiosi], prefazione di Ştefan Afloroaiei, Casa editrice Polirom, Iaşi, 1998, p. 169. 12 Nicolae Constantinescu, “Fişe pentru un dicţionar de folclor (IV). Anecdota, Descântecul, Funcţia” [Schede per un dizionario di folklore (IV). Aneddoto, Scaramanzia, Funzione], nella Rivista di etnografia e folklore, tomo 30, n.2, 1985, p. 143. 83 memoria ethnologica nr. 42 - 43 * ianuarie - iunie 2012 ( An XII ) alla forza del pensiero, alla capacità della parola di agire da lontano. La ripetizione “allo specchio”, il verbo affermativo “ha morso” ripreso in negativo, la ripresa dell’incantesimo per tre volte mirano l’ottenimento dell’effetto scontato. La donna che fa scaramanzie ha accesso al codice linguistico specifico per gli iniziati, trasferisce il male verso qualcun altro, ridà la fiducia all’essere umano affetto, lo reintegra nel piano sociale, ristabilisce l’equilibrio cosmico e ontologico. L’attante ricorre, per mezzo della scaramanzia, alla magia bianca generando la guarigione omeopatica. Nel saggio dei ricercatori Pamfil e Maria Bilţiu intitolato Fascinaţia magiei [Il fascino della magia] incontriamo l’incantesimo di difesa dei bambini contro i serpenti con acqua santa e incenso: Io con incenso ti ho affumicato / Con Dio ti ho pregato / Da tutti i serpenti ti ho rinnegato / Che Dio ti benedica / E da serpenti ti protegga!13. Il linguaggio verbale si salda al gesto rituale (affumicatura con incenso, bevuta di acqua santa per tre volte). Il contesto è rituale, la formula iniziale posiziona l’azione nel sacrale. Il gesto rituale (incenso – funzione apotropaica, acqua santa – valore soteriologico) è raddoppiato dalla forza magica benigna della preghiera, dalla realizzazione di una relazione adiuvante con la forza sovrumana (Dio). L’attante diventa un intermediario tra i due piani – orizzontale e verticale, una specie di daimon tra micro- e macrocosmo. La formula finale: E da serpenti ti protegga! evidenzia la conclusione del rituale, il posizionamento dell’azione nel profano. Notiamo la neutralizzazione del male, la frequenza della cifra magica tre, l’invocazione della divinità, la ripetizione “allo specchio” in affermativo. Nella prassi rituale, la forza magica della parola rafforzata dall’invocazione della divinità è aumentata da pratiche magiche – rituali (affumicatura con incenso, spruzzo di acqua santa, bevuta di acqua santa per tre volte) al fine di ristabilire l’equilibrio. La preghiera (linguaggio verbale) correlata alle pratiche magiche – rituali (linguaggio non verbale) sono fattori che stimolano la forza magica benigna della parola. Un altro incantesimo contro il morso di serpente, proveniente da Maramureş, rileva la forza magica della parola: Lunga serpe velenosa, / Con la testa per terra, / Vattene fino al nono confine, / All’ottavo confine … / Al primo confine, / Al nessun confine / Che lì tu perisca / E riperisca / Come la sabbia nel mare, / Come la rugiada al sole, / Lì ti distrugge, / Dove gallo non canta, / Cane nero non abbaia, / Pastori con campane non si sentono / Lì che tu sia lasciato / E da me maledetto, / Che sei un mostro immondo. / Che la Santa Vergine / Ti secchi e ti picchi, / Fortemente prego / All’esercito di Cristo.14 La tendenza di exhaustare del morso di serpente appare per mezzo della moltiplicazione della cifra tre. La cifra nove, la riduzione da nove a uno anticipa la conclusione di una tappa, la sostituzione dello stato di malattia con lo stato di salute, di rinnovo. I verbi al congiuntivo (che tu sia lasciato, che tu perisca, che tu riperisca, che ti picchi, che ti secchi) rileva la volontà, l’intenzione dell’attante di contare sulla forza del comando verbale. La bestia, cioè “il mostro immondo”, appare anche in numerazioni e sono, in effetti, i temuti draghi. Nella mentalità tradizionale, il serpente diventa drago se, in un periodo di nove anni è leso da contatto umano. La “lunga serpe velenosa” è diventata “mostro immondo”, ha subito una mutazione funzionale. Si conta sull’abilità dell’attante di convincere la serpe a sparire “nel nono confine”, si ricorre al verbo imperativo “vattene”. Nel discorso magico, la donna che fa scaramanzie usa le comparazioni, desidera che la serpe si annienti Come la sabbia nel mare, / Come la rugiada al sole. L’iniziata fa uso della forza maligna della parola, della maledizione (profano). L’aumento della forza magica della parola in senso religioso (sacro) si realizza tramite il richiamo della Santa Vergine e di Cristo. La maledizione è raddoppiata 13 Pamfil & Maria Bilţiu, Fascinaţia magiei [Il fascino della magia], Casa editrice Enesis, Baia Mare, 2001, p. 84. 14 Artur Gorovei, Literatură populară. Descântecele românilor [Letteratura popolare. Incantesimi dei romeni], vol. II, Casa editrice Minerva, Bucarest, 1985, p. 396. 84 memoria ethnologica nr. 42 - 43 * ianuarie - iunie 2012 ( An XII ) dal gesto rituale (Che la Santa Vergine / Ti secchi e ti picchi!). La Vergine Maria, Cristo sono un simbolo del potere giudicante. La relazione magia – religione anticipa la simbiosi profano – sacro, il ruolo della chiesa come legame tra i due registri ontici, umano e divino, aumentando il carico di sacralità attribuita all’insieme magico, per rendere efficiente15. La manifestazione aggressiva della donna che fa scaramanzie svela la forza trasmissibile della magia della parola. Il non colore “nero” equivale al male (“gallo nero”, “cane nero”). Il non colore tradisce il male, però la negazione “non”, (“non canta”, “non abbaia”) annulla il male. Isolando la serpe, è diminuita anche la magia contagiosa. Nella prassi rituale, il nero corrisponde al lato demonologico del magico. Con la ripetizione simbolica della cifra magica dal “nono confine” al “primo confine”, con la negazione del proprio senso dell’atto “Al nessun confine” s’instaura un secondo universo, un piano immaginario (magia simpatica). La formula-canzone (età dell’infanzia) e l’incantesimo contro il morso di cane rabbioso, la scaramanzia di difesa dei bambini e delle mucche contro le serpi, la scaramanzia contro la serpe (età della maturità e della vecchiaia) annunciano la deperibilità del confine tra il repertorio infantile e il repertorio degli adulti. Le numerazioni foniche (termine preso dalla specialista Eugenia Cernea16) rappresentano un simulacro di lingua, un gioco del linguaggio che rileva i canoni della lingua romena. Le parole sono non intelligibili da punto di vista semantico, sono prese da altre lingue, ad esempio dal latino “cvanter”, “cvinter”: Ana, dun, rest, / Cvanter, cvinter jest. / Ana, duna, raba, / Cvanter, cvinter jaba.17 o dall’italiano (“cara”, “parla”): Ena mena dudumena / Caranfila muzefila / Gea cheta pis18 oppure Ecti, pecti, sucteme, / Aval, paval, dumene, / Elţ, pelţ, parlabuf / Traş, maş, henos!19 Le parole evocano sonorità, determinano un linguaggio fondato su euritmia, su eufonia. Intercettiamo distorsioni linguistiche, l’esposizione ellittica, le parole asindetiche, i falsi prefissi composti (“chi afar”), i falsi suffissi composti (adili / badili, buxinduri / huzinduri, opus / pocus, ţangăr / mangăr), parole prese dalla lingua italiana (imperatore < imperator, toccare < tocaftu < -ftu – suffisso falso): Adili, badili, buxinduri / Şolorigu, huzinduri / Uşchi, tuşchi, tovaschir, / Ari ceari ceaboguri, / Chi afar!20 oppure Opus, pocus / Imperator / Ţangăr, mangăr / Nacaftu, tocaftu, / Melengher, bof!21. Il linguaggio criptico è accessibile soltanto agli iniziati. Alcune parole hanno origine italiana (pago, cara), altre sono intraducibili o sono specifiche alla regione di Maramureş, regione in cui conviviamo. Lo specialista G. I. Neagu, analizzando le doppiette dei giochi per bambini segnala che le doppiette utilizzate nel linguaggio degli adulti (get-beget, mort-copt, talmeş-balmeş, terchea-berchea ecc.) sono composte da parole senza senso ma che insieme prendono unità, senso e appaiono registrate nei dizionari.22 15 Nicoleta Coatu, “Magie şi religie” [Magia e religione], in Eros, magia, speranza, Casa editrice Rosetti Educaţional, Bucarest, 2004, p. 214. 16 Vedi Eugenia Cernea, “Numărătorile fonice” [Numerazioni foniche], in Rivista di etnografia e folklore, tomo 20, n. 2, Bucarest, 1975. 17 G. I. Neagu, “Câteva însemnări pe marginea textelor folosite în jocurile de copii” [Note sui testi usati nei giochi per bambini], in Studi di folklore e letteratura, Casa editrice Pentru Literatură, Bucarest, 1967, p. 350. 18 Emilia Comişel, op. cit., p. 179. 19 Tudor Pamfile, “Jocurile de copii” [Giochi per bambini], negli Annali dell’Accademia Romena, serie II, tomo XXVIII, 1905-1906, p. 31 20 Alexandru Bogdan, “Ritmica cîntecelor de copii” [Ritmica delle canzoni per bambini], negli Annali dell’Accademia Romena, serie II, tomo XXVIII, 1905-1906, p. 61. 21 Ov. Bârlea, “Folclorul infantil” [Folklore infantile], in Folklore romeno, vol. II, Casa editrice Minerva, Bucarest, 1983, p. 417. 22 G. I. Neagu, op. cit. p. 273. 85 memoria ethnologica nr. 42 - 43 * ianuarie - iunie 2012 ( An XII ) Le doppiette incontrate nelle numerazioni foniche, nelle scaramanzie, non appaiono nei dizionari, rappresentano un linguaggio codificato, accessibile agli iniziati. In Maramureş, intercettiamo, nelle scaramanzie, parole, sintagmi, formule iniziali e finali difficilmente da decifrare dai non conoscenti. Alcuni esempi: anţer / panţer, cara / rata, în hinteag albastru m-a învăscut, leptiţă / peştriţă, nejigul / calicul, pog / conopago, nu buzurca, piatră îngurguţată, strigoi / bosorcoi, şghieucile ochilor, zatcă / batcă. Copii jucându-se; foto: Felician SĂTEANU La ninnananna (età della maturità) si concentra sulla forza magica e benefica della parola. La comunicazione è unidirezionale dal trasmettitore al ricevitore, da madre al bimbo indifeso. Per mezzo della ninnananna intercettiamo la funzione augurale, il desiderio della madre di vezzeggiare il bimbo, di augurargli fortuna, di esprimere il suo affetto materno. I ricercatori che hanno analizzato il fenomeno gioco esemplificano anche ninnenanne per rilevare la relazione adulti – bambini. Le ripetizioni, le rime eco, i diminutivi, le figure stilistiche e retoriche rivitalizzano i testi: Lulu, lulu, lulu, lea / La mamma viene da lì / Con tre piccole rondini / Una a me, una a te … 23 oppure Ninna nanna bucaneve / Ninna nanna violacciocca, / Ninna nanna colombina cava, / Ninna nanna Ionel (anafora) / Che diventi grandicel, / Che mamma ti dia un cavalluccio, / Cavalluccio con nastrino (anadiplosi) / Come piace a tua mamma.24 Il neonato è fragile come il bucaneve, come la violacciocca, l’augurio è benefico. Il bambino è attratto con un oggetto magico (“cavalluccio”), la madre utilizza i diminutivi (“grandicel”). In Maramureş, per allontanare l’insonnia del neonato, le 23 Alexandru Bogdan, op. cit. p. 81. 24 Nelu Ionescu, Luci, soare, luci [Splendi, sole, splendi], Casa editrice Musicale, Bucarest, 1981, p. 85. 86 memoria ethnologica nr. 42 - 43 * ianuarie - iunie 2012 ( An XII ) madri chiamano il sonno, ricorrendo alla forza magica della parola: Che il sonno al bimbo venga / Dalla porta e finestra / Che il bimbo riposi / Come i gatti nei giardini / Come gli uccelli nei nidi25. Il verbo al congiuntivo “che venga” con valenze imperative rileva il desiderio della madre d’indurre al bambino il sonno sereno. La porta e la finestra sono spazi dell’apertura che mantengono il legame con il sacro e il profano, con il piano orizzontale e il piano verticale. Il paragone in cui appaiono i gatti / gli uccelli annunciano la magia omeopatica. Nella relazione io-l’altro, l’amore, l’affetto, la volontà traspongono lo stato psichico, la performance magica della madre. La ninnananna di Maramureş: Dormi tu, piccolo cuculo / Che mamma va ad arare. / Dormi tu, piccolo corvo / Che mamma va al mulino. / Dormi tu, piccola gazza / Che mamma va a zappare26. Le madri dei piccoli di cuculo, corvo, gazza sono antropomorfizzate, lavorano come le madri dei bambini. Il rivolgimento imperativo si basa sulla forza del comando verbale (“dormi”). Il linguaggio verbale si salda al paralinguaggio (timbro, tonalità della voce). Al lato opposto è la maledizione (lat. pop. blastimare) denominata anche anatema, imprecazione, esecrazione e appartiene al piano profano. Dall’amore alla maledizione (età della maturità) è solo un passo. Se il giovane uomo non concretizza l’amore tramite il matrimonio, la giovane donna con statuto prematrimoniale farà ricorso all’aggressività verbale, alla forza maligna della parola, alla maledizione: Se tu non mi sposerai / Io ti maledirò / Se vivrai che tu fortuna non abbia / Se morirai che tu perisca / Bruciato nel fuoco / Che nessuna morosa versi una lacrima (Maramureş). La giovane donna diventa ostile, incisiva, il testo magico diventa una forma di difesa. La relazione io-l’altro si desidera essere concretizzata con il sacro sacramento del matrimonio (gr. telos < consacrazione), per creare una famiglia. La maledizione è un’azione maligna, un fattore perturbante che modifica il destino della persona amata e altera la relazione di alleanza. Il verbo al congiuntivo, la negazione (che tu fortuna non abbia, che tu perisca) rilevano l’incoscienza della giovane donna. La maledizione provoca la realtà, compete con il normale, agisce come un boomerang. Maledicendo, la giovane donna si allontana dalla condotta morale e attrarrà la sanzione della comunità tradizionale. La mancanza di fortuna, il fuoco demonico, malefico diventano le stimmate della nuova fase. Se la giovane donna è obbligata dai genitori a sposare un giovane uomo che non ama, appare la maledizione: Se un uomo che odio sposare dovrò / perfino nella tomba ti maledirò27. Nel testo magico, la maledizione della giovane donna appare come una valvola, come unica possibilità di ristabilire lo squilibrio. La maledizione sostituisce la benedizione, perché la madre obbliga la figlia di sposarsi senza amare. La maledizione agisce come un filtro. A causa della maledizione, il potere del sangue, la relazione madre – figlia / padre – figlia sarà alterata. La maledizione diventa efficiente quando viene da parte di una persona vicina (figlia della madre). La maledizione non può essere impedita, se non si realizza nel mondo di qui (denominato nella mentalità tradizionale romena mondo bianco, mondo con nostalgia), sicuramente si concretizzerà una volta che la figlia passerà nel mondo dell’aldilà (mondo senza nostalgia). Nella mentalità tradizionale, il passaggio da uno statuto ontologico a un altro è marcato da riti di passaggio che suppongono fasi liminari di separazione, di soglia, di aggregazione28. L’uomo 25 Pamfil Bilţiu, Maria Bilţiu, op. cit. informatore, Savu Măricuţa, 48 anni, Petrova, 1999, Maramureş, p. 205. 26 Pamfil Bilţiu, Studii de etnologie românească [Studi di etnologia romena], Casa editrice Saeculum I. O., Bucarest, 2003, p. 277 27 Valerica Şteţco, Poezii populare din Ţara Maramureşului [Poesie popolare del Paese di Maramureş], Casa editrice Min- erva, Bucarest, 1990, informatore Grec Vasilea, 49 anni,p. 193. 28 Arnold van Gennep, Riturile de trecere [Riti di passaggio], trad. rom. Lucia Berdan, Nora Vasilescu, saggio introduttivo di Nicolae Constantinescu, Casa editrice Polirom, Iaşi, 1996, p. 25-32. 87 memoria ethnologica nr. 42 - 43 * ianuarie - iunie 2012 ( An XII ) della società tradizionale mantiene il legame con gli antenati, con il piano spirituale, offrendo beneficenza in onore dei defunti, ricorrendo a pratiche magiche – rituali. Se il rito funebre è incorretto / incompleto (ad esempio, se mancano le piangitrici, se l’uomo muore senza avere una candela accesa) si produce uno squilibrio che può generare a maledizione: Chi mi ha data all’odiato / Sotto la terra non abbia posto. / Chi mi ha data al guaio, / Sulla guancia non abbia telo / Né bara come rifugio. / Non abbia chiodo nella croce, / Né alla tomba chi lo porti.29 L’uomo della comunità tradizionale media tra visibile e invisibile, tra piano orizzontale e piano verticale. La collettività di tipo tradizionale pone l’accento sul recupero dell’identità, della memoria collettiva, dell’ethos autoctono. Jean Servier, nel saggio Magia parte dalla premessa che la magia era l’appannaggio di una casta, che i maghi erano i preti di Zoroastro, che per alcuni popoli (egiziani, iraniani, ecc.) i maghi erano i messaggeri degli dei, intermediari tra i due mondi, che la magia interagisce con la filosofia, con la religione e la scienza. La donna che fa scaramanzie comunica con l’invisibile, la comunità accetta la forza sovrumana. Jean Servier parte dalla premessa che l’uomo della società tradizionale è simile ad una pietra a sei facciate impeccabili di cui si vede solo una: La facciata apparente non sarà che la manifestazione delle facciate nascoste, indispensabili per l’armonia comune, per la stabilità dell’insieme30. Pascal Lardellier ha contribuito alla conoscenza, alla comprensione e alla diffusione dell’antropologia come un valore-rifugio31. Se il defunto è sottoposto all’oblio, appare la forza maligna della parola concretizzata tramite la maledizione. Non avere “sulla guancia telo”, bara, crocefisso, non essere accompagnato dalla comunità sulla strada verso la tomba significa che il defunto è leso dal rituale, che è come un proscritto, come un suicida, come il prete ortodosso che ha commesso l’anatema (gr. anatithêmi < su, metto, appoggio). Lo specialista Dan Horia Mazilu spiega l’anatema come la cosa poggiata su, sull’altare, per essere portata come offerta agli dei32. La maledizione di chi si trova nel mondo dell’aldilà equivale all’anatema, al non ricevimento nel posto di riposo finale, alla morte eterna, all’esclusione dalla chiesa. Nei tre testi magici esemplificati, la maledizione può essere giustificata: 1. La non aggregazione della giovane donna alla fase di donna sposata. 2. Il matrimonio forzato mancante di amore. 3. Il funerale rituale incompleto / incorretto. La maledizione è un atto maligno verbalizzato, diventa un fattore perturbatore, rivolto ad una persona, è pronunciata intenzionalmente, rappresenta un modello negativo di comportamento che deve essere sanzionato dalla comunità tradizionale. L’antropologia delle età, per mezzo delle età della pubertà e della gioventù, interagisce con i giochi dell’amore. Le giovani donne con statuto prematrimoniale ricorrono alla forza magica della parola tramite arbusti (sambuco). Quando le giovani donne s’incontravano alla şezătoare [piccola riunione nei villaggi, nelle serate invernali, in cui i partecipanti lavorano e festeggiano, raccontando storie, barzellette, indovinelli] per attirare i giovani uomini, ricorrevano alla forza magica della parola, agitando il sambuco e pronunciando alcune parole magiche: Esci Mahoc dal sambuco / Perché io abbia fortuna!33. Il discorso magico del testo consiste nell’invocazione di Satana. Mahoc è uno dei tanti appellativi del diavolo. Come risulta da un racconto, i giovani uomini portati tramite magia alla şezătoare erano draghi, creature malefiche: Tutti avevano gli zoccoli. Loro, come sono 29 Vasile T. Doniga, Folclor din Maramureş [Folklore di Maramureş], Casa editrice Minerva, Bucarest, 1980, p. 15. 30 Jean Servier, Magia, prefazione di Nicu Gavriluţă, trad. di Bogdan Geangalău, Istituto Europeo, Iaşi, 2001, p. 122. 31 Pascal Lardellier, Teoria legăturii ritualice. Antropologie şi comunicare [Teoria dei legami rituali. Antropologia e comuni- cazione], trad. Valentina Pricopie, Casa editrice Tritonic, Bucarest, 2009, p. 35. 32 Dan Horia Mazilu, O istorie a blestemului [Una storia della maledizione], Casa editrice Polirom, Iaşi, 2001, p. 86. 33 Pamfil & Maria Bilţiu, op. cit., informatore Mihali Sava, 86 anni, Borşa, 1999, Maramureş, p. 245. 88 memoria ethnologica nr. 42 - 43 * ianuarie - iunie 2012 ( An XII ) riuscite, sono fuggite e hanno lasciato la vecchietta a dormire sul forno. Il diavolo ha preso la vecchia e l’ha divorata tutta.34 La magia nera, l’invocazione degli spiriti immondi produce squilibrio. Notiamo il sacrificio rituale (l’uccisione della donna anziana) di origine umana o il sacrificio vegetale: Esci Văsoc dal sambuco / Ti ho portato pipa e fuoco, / Perché ci dia giovani al loro posto.35 Il fuoco è associato all’Inferno, la pipa (il tabacco) al diavolo. Secondo una leggenda romena, il tabacco è apparso dal corpo di un diavolo morto e sempre i diavoli hanno esortato gli uomini a fumare.36 In entrambi i casi, l’imperativo “esci” rileva il comando verbale. Il diavolo è antropomorfizzato, ha un nome (Mahoc / Văsoc), è attratto con il fuoco / con il tabacco. In nome dell’amore, l’essere umano vende la sua anima. L’associazione del diavolo al sambuco non è a caso. Secondo una leggenda romena, dopo aver venduto il Redentore, Giuda volle impiccarsi ad un ramo di sambuco che si ruppe e Giuda va all’inferno. Il sambuco è associato all’ebbio, a piante duali, benefiche e malefiche. Nella comunità tradizionale romena si considera che l’ebbio sia coniugato al sambuco, alla divinità maschile. Alla radice di queste piante si nasconde il diavolo. Con i rami di sambuco si fanno stregonerie, scaramanzie de ursită [d’amore]: Io sbatto il sambuco, / Ma non sbatto il sambuco (epifora), / Sbatto Nacu, / Nacu sbatte il diavolo (anadiploză), / Il diavolo sbatte il mio predestinato. (anadiplosi) / S’è nel mondo, oltre il mondo, / Che venga proprio da me. / Che non abbia sole, né sollievo … / Come acqua non c’è nella valle, / Quando scorre più veloce. / Tanto non abbia / Senza di me in un posto, / Né quanto arde un capello nel fuoco. / Che venga, che venga, che venga: / Correndo come il vento, / Veloce come il pensiero. Topi in pantaloni / Formiche in ciocie, / Fuoco nel cappello.37 Nella prassi rituale si stabilisce una relazione adiuvante tra la donna che fa scaramanzie – Nacu – diavolo – uomo predestinato. Il congiuntivo “che venga” ripetuto tre volte rileva l’effetto della moltiplicazione. Il paragone che venga correndo come il vento / veloce come il pensiero tradisce il desiderio della giovane donna di vedere il suo predestinato. La giovane donna pronuncia l’incantesimo nove volte, ogni martedì sera, perché è una giornata proficua per la realizzazione del desiderio erotico. Al sambuco sono fatte offerte alimentari, oggettuali (soldo, zufolo, pane, sale). La forza magica della parola è raddoppiata dal gesto rituale (sbattimento del sambuco, lancio degli oggetti magici sopra la testa). Nove è molteplice della cifra magica tre e determina cambiamento, l’accesso ad un’altra tappa ontica. Notiamo il rapporto intertestuale con altre categorie dell’epos eroico (la ballata, la favola). Notiamo l’interazione tra testo-atti rituali-oggetti magici – sincretismo di linguaggi (linguaggio verbale, linguaggio non verbale, paralinguaggio), la dicotomia sacro – profano, le figure retoriche (anafora, anadiplosi, epifora), la costruzione sintagmatica del testo (presente, congiuntivo, futuro). I giochi dell’amore (età della gioventù e della maturità) rilevano la magia della parola, la magia delle pratiche magiche – rituali, la relazione sacro – profano. La forza magica della parola rileva un altro lato di Maramureş, uno spazio di gran prestigio culturale. L’antropologia delle età è aumentata dalla forza della magia, della religione, da varie categorie (maledizioni, ninnenanne, incantesimi, giochi per bambini, giochi dell’amore) specifici alle tappe ontiche, in funzione all’età (età dell’infanzia, età della pubertà e della gioventù, età della maturità e della vecchiaia). 34 Pamfil & Maria Bilţiu, op. cit., p. 246. 35 Ibidem, informatore Tomoioagă Todora, 60 anni, Moisei, 2000, Maramureş. 36 Vedi la leggenda del tabacco a Simion Florea Marian, Botanică românească [Botanica romena], Casa editrice Paideia, Bucarest, 2000, p. 109. 37 Ion Bîrlea, Literatură populară din Maramureş [Letteratura popolare di Maramureş], vol. 2, Casa editrice Pentru Literatură, Bucarest, 1968, informatore Susana Borodi, Berbeşti, Maramureş, p. 344. 89 memoria ethnologica nr. 42 - 43 * ianuarie - iunie 2012 ( An XII ) Săritul peste făclii (Vişeul de Jos); foto: Felician SĂTEANU 90 memoria ethnologica nr. 42 - 43 * ianuarie - iunie 2012 ( An XII ) Bibliografie: Bilţiu Pamfil, Bilţiu Maria, “Fascinaţia magiei” [“Fascino della magia”], Casa editrice Enesis, Baia Mare, 2001. Frazer, George James, Creanga de Aur [Il Ramo d’oro], trad. Octavian Nistor, Casa editrice Minerva, Bucarest, 1980. Gavriluţă, Nicu, Mentalităţi şi ritualuri magico - religioase [Mentalità e rituali magici - religiosi], Casa editrice Polirom, Iaşi, 1998. Gennep, Arnold Van, Ritualuri de trecere [Riti di passaggio], trad. Lucia Berdan, Nora Vasilescu, Saggio introduttivo di Nicolae Constantinescu, Iaşi, Casa editrice Polirom, 1996. Huizinga, Johan, Homo ludens, trad. H.R. Radian, Bucarest, Casa editrice Univers, 1977. Lardellier, Pascal, Teoria legăturii ritualice. Antropologie şi comunicare [Teoria dei legami rituali. Antropologia e comunicazione], Bucarest, trad. Valentina Pricopie, Casa editrice Tritonic, 2009. Malinowski, Bronislaw, Magie, ştiinţă şi religie [Magia, scienza e religione], Casa editrice Moldova, Iaşi, 1993. Servier, Jean, Magia, prefazione Nicu Gavriluţă, trad. Bogdan Geangalău, Iaşi, Istituto Europeo, 2001. 91